miércoles, 17 de septiembre de 2008

Pelle d'asino

C'era una volta un re che aveva una moglie dai capelli d'oro e così bella che sulla terra non ce n'era un'altra come lei. Accadde un giorno che la regina si ammalò e, accorgendosi di morire, chiamò il re e gli disse:
- Mi devi promettere che, se riprenderai moglie, sposerai solo una donna che sia bella come me e che abbia i capelli d'oro come i miei.
Appena il re ebbe promesso, la bella regina chiuse gli occhi e spirò
Il re per molto tempo non riuscì a darsi pace e non pensò affatto a riprendere moglie, ma i suoi consiglieri alla fine gli dissero:
- Non potete fare a meno, maestà, di riprendere moglie, poiché il popolo ha bisogno di una regina.
Dopo di che furono mandati messaggeri per ogni dove, a cercare una sposa che fosse bella e bionda come la regina morta; ma la ricerca fu vana e i messaggeri ritornarono indietro mortificati senza essere riusciti a concludere nulla.
Il re aveva una figlia che era bella come la madre e come lei aveva lunghi capelli d'oro. Quando ella crebbe, il re disse ai suoi consiglieri che avrebbe dato sua figlia in moglie al più anziano di loro e che dopo la sua morte ella sarebbe divenuta regina. Quando il più anziano lo seppe, ne fu felice: la figlia del re, invece, rimase spaventata dalla decisione del padre, e, sperando di riuscire a fargli cambiare idea, così disse:
- Prima che io ubbidisca al tuo desiderio, mi devi far fare tre vestiti: uno d'oro come il sole, l'altro argento come la luna e il terzo lucente come le stelle. Inoltre desidero un mantello composto da tante pelli quanti sono gli animali del regno, in modo che ognuno di essi vi sia rappresentato.
La principessa pensava che fossero cose impossibili e che nel frattempo forse le sarebbe riuscito di smuovere il re dal suo proposito.
Il re però non vi rinunciò e le donne più abili del suo regno dovettero tessere tre vestiti: uno d'oro come il sole, l'altro d'argento come la luna e il terzo lucente come le stelle; i suoi cacciatori dovettero cacciare tutte le bestie del regno e prendere a ognuna un pezzo di pelle o di pelliccia. Alla fine, quando tutto fu pronto, il re mandò a prendere i tre abiti meravigliosi e il mantello, li stese davanti a sé e disse:
- Domani si farà il matrimonio.
Quando la principessa vide che non c'era speranza di smuovere il padre dalla sua decisione, stabilì di fuggire. Di notte, mentre tutti dormivano, si alzo, e dal suo tesoro scelse tre oggetti che le erano particolarmente cari: un anello d'oro, un piccolo fuso d'oro e un piccolo arcolaio pure d'oro; poi mise in un guscio di noce i tre vestiti color del sole, della luna e delle stelle, e, gettandosi addosso il mantello fatto coi mille pezzi di pelli, si annerì il viso e le mani con la fuliggine. Quindi, raccomandandosi a Dio, partì e viaggio tutta la notte.
Non conosceva la strada e vagò a lungo senza meta. Cammina cammina, a un certo punto si trovò in una foresta piena di alberi e cespugli. C'era un tale intrico di rovi e di spine che la bimba non poté più proseguire: Inoltre era molto buio ed elle ormai si sentiva molto stanca; allora si fermò e scelse il cavo di un albero per passarvi la notte. Civette e strani uccelli notturni mandavano rauche strida. La fanciulla aveva paura, ma a un certo punto vinta dalla stanchezza, cadde in un sonno profondo.
Al mattino il sole si levò e, mentre ella continuava a dormire, il re di un paese vicino attraversò la foresta, con tutto il suo seguito, per andare a caccia; inseguendo la selvaggina venne a trovarsi proprio dove la fanciulla s'era addormentata.
Quando i suoi cani s'imbatterono in quell'albero, si misero ad abbaiare e a ringhiare così furiosamente da richiamare l'attenzione del re, il quale si rivolse ai suoi cacciatori dicendo:
- Fate presto. Andate a vedere quale animale selvatico si nasconde là dentro e portatemelo qui subito.
I cacciatori ubbidirono e quando ritornarono dissero:
- Nel cavo di quell'albero abbiamo trovato un essere sorprendente di cui non abbiamo mai veduto l'uguale: la sua pelle è di mille colori, ed è li fermo, immerso in un sonno profondo.
Il re disse:
- Cercate di prenderlo vivo e legatelo alla carrozza.
Appena i cacciatori afferrarono la fanciulla, essa si svegliò atterrita e supplicò con voce tremante:
- Sono una poveretta, abbandonata dal padre e senza madre, abbiate pietà di me e portatemi con voi!
- Vieni - le dissero allora e la condussero dal re.
Questi guardò meravigliato quell'esserino sparito e tremante e l'affidò ai cacciatori, perché la ristorassero. Essi le diedero il soprannome di " Pelle d'asino", per via del suo strano e ispido mantello. Mossi a pietà dal suo pianto la portarono alla reggia, le diedero un sottoscala per dormire, dove non c'era nemmeno un finestrino da cui penetrasse un raggio di sole. Le dissero che doveva fare la sguattera in cucina. Suo compito era portare l'acqua e la legna per fare il fuoco, spennare i polli, pelare le patate, levare la cenere dalle stufe; insomma, doveva fare tutti i lavori più umili e faticosi.
Per un certo tempo Pelle d'asino visse miseramente in questo modo, ma un giorno seppe che nella grande sala del castello davano una festa e chiese alla cuoca:
- Posso andare un momento a vedere? Mi metterò in un cantuccio fuori dalla porta e sbircerò per il buco della serratura...
La cuoca rispose:
- Vai pure, ma ritorna fra mezz'ora perché devi levare la cenere dalla stufa e lavare le stoviglie.
Pelle d'asino prese una lucerna, corse nel sottoscala, si levò il mantello di pelli e si lavo ben bene per togliere la fuliggine dal viso e dalle mani e pettinò i lunghi capelli biondi in modo che tutta la sua bellezza fosse visibile. Quindi apri il guscio di noce e ne tolse il vestito d'oro come il sole.
Appena pronta, con il cuore che le batteva d'ansia e di gioia, entrò nella sala da ballo: tutti le fecero largo, pensando che fosse una principessa sconosciuta.
Il re stesso venne da lei e, prendendole la mano, la fece ballare; pensava che mai aveva veduto una fanciulla così bionda, così bella e così gentile. Appena il ballo finì, la fanciulla fece un inchino e, prima che il re se ne rendesse conto, sparì.
Essa era ritornata di corsa nel suo sottoscala e, levatosi presto presto lo splendido vestito, si era di nuovo tinta con la fuliggine il viso e le mani e aveva indossato il mantellaccio di mille pezzi, diventando di nuovo Pelle d'asino.
Era appena giunta in cucina e si era messa a tagliere la cenere dalla stufa, quando la cuoca le disse:
- Lasciala stare fino a domani: piuttosto prepara la cena al re in vece mia, mentre io vado di sopra a dare un'occhiata; ma bada bene di non lasciar cascare un capello nella minestra, perché il re andrebbe su tutte la furie.
Pelle d'asino cucinò la cena del re, preparando la minestra più buona che sapeva fare. Appena fu cotta, la fanciulla andò a prendere il suo anellino d'oro e ve lo buttò dentro.
Quando la festa fu finita il re ordinò che gli servissero la cena, e, assaggiata la minestra, pensò che non aveva mai mangiato nulla di più buono in vita sua. L'aveva quasi finita quando vide un anello d'oro brillare nel piatto e, non riuscendo a capire come mai fosse lì, fece chiamare la cuoca. Quando la cuoca sentì che volevano ebbe paura e disse a Pelle d'asino:
- Sei sicura di non aver lasciato cadere un capello nella minestra?
Tremando, si presentò al re, che le chiese chi aveva cucinato la cena. La cuoca rispose con un filo di voce:
- Sono stata io.
- Non è vero, perché la minestra è migliore del solito.
Allora la cuoca mormorò, facendosi rossa:
- Devo confessare che non sono stata io, ma Pelle d'asino:
Il re fece chiamare Pelle d'asino e, quando la fanciulla fu alla sua presenza, le chiese:
- Chi sei?
- Io sono una povera fanciulla senza padre né madre, che tu hai accolta per pietà - rispose.
Il re domandò di nuovo:
- Dove hai preso questo anello che ho trovato nella minestra e come mai possiedi un gioiello così prezioso?
Pelle d'asino rispose:
- Non ne so niente.
Il re minacciò di cacciarla via se non diceva la verità, ma Pelle d'asino ostinata ripeteva sempre le medesime parole:
- Non ne so niente.
- Torna in cucina - disse infine il re rassegnato.
Pelle d'asino corse a rifugiarsi nel suo sgabuzzino. Passato un po' di tempo vi fu un altro ballo. Bellissime dame con abiti meravigliosi e splendide collane entrarono nei saloni del castello; ma il re non le guardava neppure e continuava a pensare alla fanciulla misteriosa che aveva incontrato durante il primo ballo.
Intanto nella cucina c'era un momento di calma perché tutto quello che era necessario per la festa era già pronto. Allora Pelle d'asino chiese alla cuoca:
- Posso andare a vedere la festa?
- Va pure, Pelle d'asino, ma ritorna presto. Devi cucinare quella minestra che è piaciuta al re, perché io non so farla come te! - rispose la cuoca.
Pelle d'asino, tutta contenta, fece le scale di corsa ed entrò nel suo sgabuzzino. Si sfilò il mantellaccio rattoppato, si lavò e indosso il vestito argenteo come la luna. Si pettinò i bei capelli biondi che nella luce della sera erano ancora più splendenti del solito. Poi, in punta di piedi, sali in fretta le scale e si presentò nella sala da ballo.
Quando entrò tutti tacquero all'istante e i paggi si inchinarono al suo passaggio. Le fanciulle la guardavano con invidia, mentre i giovani non si stancavano di rimirare la sua splendida bellezza.
Il re stesso si alzò dal trono e le venne incontro. Felice di rivederla, la prese per mano e la invitò a danzare. Appena il ballo fu finito la fanciulla, ricordandosi della promessa fatta alla cuoca, s'allontanò in fretta. Il re e i cortigiani non fecero in tempo a seguirla, che ella era già in fondo alle scale.
Entrata nello sgabuzzino si tolse l'abito d'argento e dopo esseri cambiata tornò in fretta in cucina a fare la minestra. Anche questa volta volle prepararla con gran cura. La cuoca intanto era andata di sopra e dal buco della serratura guardava quando accadeva nella sala da ballo. Pelle d'asino approfittò della sua assenza per andare a prendere il suo piccolo fuso d'oro e quindi lo mise nel piatto destinato al re.
Quando il re mangiò la minestrina, la trovò ancora migliore della prima volta e di nuovo mandò a chiamare la cuoca. La donna entrò tremando nella sala del banchetto.
- Chi ha fatto questa minestra ? - le chiese il re.
La cuoca non seppe più cosa rispondere e indietreggiò rossa e confusa in un angolo della stanza.
- Vieni qui! - tuonò il re. - E parla !
La povera cuoca dovette confessare ancora una volta che la minestra l'aveva preparata Pelle d'asino.
- Fatela venire subito alla mia presenza ! - intimò allora ai servi e questi corsero a chiamarla.
Giunta al cospetto del re, la fanciulla, disse di non sapere nulla del fuso d'oro e il re dovette rinunciare a capire da dove provenisse la fanciulla misteriosa.
" Voglio dare ancora una festa da ballo e se questa volta la bella fanciulla fuggirà ancora, la farò ricercare in tutto il regno e la ritroverò a ogni costo " Si disse il re e, infatti, dopo pochi giorni ordinò che venissero fatti i preparativi per il più grande e importante ballo dell'anno.
Pelle d'asino questa volta mise l'abito che luceva come le stelle e con quello entrò nella sala da ballo. Il re, che l'attendeva impaziente ballò di nuovo con lei e guardandola, pensava che non aveva mai visto una fanciulla così bionda, cosi bella, così gentile. Mentre ballavano, senza che la fanciulla se ne accorgesse, le infilò al dito un piccolo anello d'oro. Quando la danza finì il re cercò di trattenerla, ma ella si liberò dalla stretta e corse via così veloce, che scomparve in un baleno agli occhi di tutti né alcuno riuscì a trattenerla.
Pelle d'asino nel frattempo s'era rifugiata nel sottoscala.
Poiché era rimasta al ballo molto più a lungo della solita mezz'ora, non ebbe il tempo di levarsi il bel vestito e quindi cercò di nasconderlo infilandovi sopra il mantello di pelli; non riuscì neanche ad annerirsi bene il viso e le mani e nella fretta un dito rimase bianco.
Corse quindi in cucina, preparò la minestra per il re e, mentre la cuoca era di sopra, vi mese dentro l'aspo d'oro.
Più tardi, quando il re trovò il girello in fondo alla minestra, fece venire Pelle d'asino e vide che aveva un dito bianco... e al dito c'era l'anello che egli le aveva infilato mentre ballavano.
La prese per mano e la tenne stretta, e quando ella cercò di liberarsi e di scappare, il mantello di pelli le scivolò e il vestito lucente come le stelle apparve nel suo splendore, mentre sulle spalle scendevano i bei capelli d'oro: Pelle d'asino, confusa e tremante, era davanti al re, in tutta la sua bellezza, ne poteva più nascondersi. Il re allora disse:
- Non temere, Pelle d'asino, tu sarai la mia cara sposa e noi non ci lasceremo mai più.
Si celebrarono le nozze e gli sposi vissero felici e contenti fino alla fine dei loro giorni.

di Charles Perrault

domingo, 14 de septiembre de 2008

Cappuccetto Rosso
C'era una volta una cara ragazzina; solo a vederla le volevan tutti bene, e specialmente la nonna, che non sapeva piu' cosa regalarle. Una volta le regalò un cappuccetto di velluto rosso, e, poichè le donava tanto ch'essa non volle più portare altro, la chiamarono sempre Cappuccetto Rosso.
Un giorno sua madre le disse:
- Vieni, Cappuccetto Rosso, eccoti un pezzo di focaccia e una bottiglia di vino, portali alla nonna; è debole e malata e si ristorerà. Mettiti in via prima che faccia troppo caldo; e, quando sei fuori, va' da brava, senza uscir di strada; se no, cadi e rompi la bottiglia e la nonna resta a mani vuote. E quando entri nella sua stanza, non dimenticare di dir buon giorno invece di curiosare in tutti gli angoli.
-Farò tutto per bene, - disse Cappuccetto Rosso alla mamma e le diede la mano.
Ma la nonna abitava fuori, nel bosco, a una mezz'ora dal villaggio. E quando giunse nel bosco, Cappuccetto Rosso incontrò il lupo. Ma non sapeva che fosse una bestia tanto cattiva e non ebbe paura.
- Buon giorno, Cappuccetto Rosso, - egli disse.
- Grazie, lupo.
- Dove vai cosi presto, Cappuccetto Rosso?
- Dalla nonna.
- Cos 'hai sotto il grembiule?
- Vino e focaccia: ieri abbiamo cotto il pane; così la nonna, che è debole e malata, se la godrà un po' e si rinforzerà.
- Dove abita la tua nonna, Cappuccetto Rosso?
- A un buon quarto d'ora di qui, nel bosco, sotto le tre grosse querce; là c'è la sua casa, è sotto la macchia di noccioli, lo saprai già, - disse Cappuccetto Rosso.
Il lupo pensava: " Questa bimba tenerella è un grasso boccone, sarà piu' saporita della vecchia; se sei furbo, le acchiappi tutt'e due". Fece un pezzetto di strada vicino a Cappuccetto Rosso, poi disse:
- Vedi, Cappuccetto Rosso, quanti bei fiori? perché non ti guardi intorno? Credo che non senti neppure come cantano dolcemente gli uccellini! Te ne vai tutta contegnosa, come se andassi a scuola, ed è così allegro fuori nel bosco!
Cappuccetto Rosso alzò gli occhi e quando vide i raggi di sole danzare attraverso gli alberi, e tutto intorno pieno di bei fiori, pensò: " Se porto alla nonna un mazzo fresco, le farà piacere; è tanto presto, che arrivo ancora in tempo ". Dal sentiero corse nel bosco in cerca di fiori. E quando ne aveva colto uno, credeva che più in là ce ne fosse uno più bello e ci correva e si addentrava sempre più nel bosco.
Ma il lupo andò difilato alla casa della nonna e bussò alla porta.
- Chi è?
- Cappuccetto Rosso, che ti porta vino e focaccia; apri. - Alza il saliscendi, - gridò la nonna: - io son troppo debole e non posso levarmi.
Il lupo alzò il saliscendi, la porta si spalancò e, senza dir molto, egli andò dritto a letto della nonna e la ingoiò.
Poi si mise le sue vesti e la cuffia, si coricò nel letto e tirò le coperte .. Ma Cappuccetto Rosso aveva girato in cerca di fiori, e quando n'ebbe raccolti tanti che più non ne poteva portare, si ricordò della nonna e S'incamminò. Si meravigliò che la porta fosse spalancata ed entrando nella stanza ebbe un'impressione cosi strana che pensò:

" Oh, Dio mio, oggi, che paura! e di solito sto cosi volentieri con la nonna! " Esclamò:
- Buon giorno! - ma non ebbe risposta.
Allora s'avvicinò al letto e scostò le cortine: la nonna era coricata, con la cuffia abbassata sulla faccia e aveva un aspetto strano.
- Oh, nonna, che orecchie grosse!
- Per sentirti meglio.
- Oh, nonna, che occhi grossi!
- Per vederti meglio.
- Oh, nonna, che grosse mani!
- Per meglio afferrarti.
- Ma, nonna, che bocca spaventosa!
- Per meglio divorarti!.
E subito il lupo balzò dal letto e ingoiò il povero Cappuccetto Rosso.
Saziato il suo appetito, si rimise a letto, s'addormentò e cominciò a russare sonoramente.
Proprio allora passò li davanti il cacciatore e pensò: " Come russa la vecchia! devo darle un'occhiata, potrebbe star male ".
Entrò nella stanza e, avvicinatosi al letto, vide il lupo.
- Eccoti qua, vecchio impenitente, - disse, - è un pezzo che ti cerco.
Stava per puntare lo schioppo, ma gli venne in mente che il lupo avesse mangiato la nonna e che si potesse ancora salvarla: non sparò, ma prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia del lupo addormentato. Dopo due tagli, vide brillare il cappuccetto rosso, e dopo altri due la bambina saltò fuori gridando:
- Che paura ho avuto! com'era buio nel ventre del lupo!
Poi venne fuori anche la vecchia nonna, ancor viva, benché respirasse a stento. E Cappuccetto Rosso corse a prender dei pietroni, con cui riempirono la pancia del lupo; e quando egli si svegliò fece per correr via, ma le pietre erano cosi pesanti che subito s'accasciò e cadde morto.
Erano contenti tutti e tre: il cacciatore scuoiò il lupo e si portò via la pelle; la nonna mangiò la focaccia e bevve il vino che aveva portato Cappuccetto Rosso, e si rianimò; ma Cappuccetto Rosso pensava: " Mai più correrai sola nel bosco, lontano dal sentiero, quando la mamma te l'ha proibito ".

Raccontano pure che una volta Cappuccetto Rosso portava di nuovo una focaccia alla vecchia nonna, e un altro lupo volle indurla a deviare. Ma Cappuccetto Rosso se ne guardò bene e andò dritta per la sua strada, e disse alla nonna di aver incontrato il lupo, che l'aveva salutata, ma l'aveva guardata male:
- Se non fossimo stati sulla pubblica via, mi avrebbe mangiato.
- Vieni, - disse la nonna, - chiudiamo la porta, perché non entri.
Poco dopo il lupo bussò e gridò:
- Apri, nonna, sono Cappuccetto Rosso, ti porto la focaccia.
Ma quelle, zitte, non aprirono; allora Testa Grigia gironzolò un po' intorno alla casa e infine saltò sul tetto, per aspettare che Cappuccetto Rosso, la sera, prendesse la via del ritorno; l'avrebbe seguita di soppiatto, per mangiarsela al buio. Ma la nonna si accorse di quel che tramava. Davanti alla casa c'era un grosso trogolo di pietra, ed ella disse alla bambina:
- Prendi il secchio, Cappuccetto Rosso, ieri ho cotto le salsicce, porta nel trogolo l'acqua dove han bollito.
Cappuccetto Rosso portò l'acqua, finché il grosso trogolo fu ben pieno.
Allora il profumo delle salsicce sali alle narici del lupo, egli si mise a fiutare e a sbirciare in giù, e alla fine allungò tanto il collo che non poté più trattenersi e cominciò a sdrucciolare: e sdrucciolò dal tetto proprio nel grosso trogolo e affogò.
Invece Cappuccetto Rosso tornò a casa tutta allegra e nessuno le fece del male.


illustrazioni di Margareth Tarrant

di Jacob e Wilhelm Grimm

sábado, 6 de septiembre de 2008

Vice Consolato d'Italia 5 Luglio 2008